Il Brunello di Montalcino chiede lo stato di calamità naturale

Stato di Crisi Brunello Covid19

Il Brunello con le 257 del territorio che fanno parte del Consorzio del Brunello di Montalcino (Siena) ha chiesto alla Regione Toscana di dichiarare lo stato di calamità naturale.

“Il nostro è un grido d’allarme che riguarda tutto il mondo vitivinicolo ed enologico”, spiega Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino che impiega circa 4000 dipendenti, senza contare l’indotto. “I produttori hanno bisogno di liquidità, ma soprattutto di soldi a fondo perduto”

La pandemia, infatti, ha messo in crisi le vendite a ristoranti ed enoteche, chiuse per l’emergenza e che rappresentano il 70% del mercato del Brunello, ma  anche tutta l’economia  che ruota intorno al vino del Senese: il coronavirus ha bloccato l’enoturismo, le degustazioni e i percorsi tra le cantine che da marzo in poi muovono ogni anno milioni di turisti da tutto il mondo e milioni di euro. Basti pensare che nel 2019 l’economia di Montalcino che ruota intorno al vino ha prodotto 180 milioni di euro di fatturato. Senza contare l’indotto, che tra ristoranti, agriturismi, alberghi e trasporti, si aggira intorno ad altri 80 milioni di euro.

Le aziende agricole non si possono fermare . “Quest’anno non faremo investimenti, non rinnoveremo trattori, né macchine, anche perché vogliamo mantenere lo stipendio dei nostri dipendenti ” annuncia già Bindocci che lancia un appello: “Abbiamo bisogno di tempi precisi e misure concrete e veloci, perché l’incertezza e la burocrazia uccidono”.

Stato di Crisi Brunello

Dichiarare lo stato di calamità naturale per tutta la Toscana permetterebbe alle imprese di accedere al Fondo di solidarietà nazionale e di attivare il Mediocredito a garanzia dei provvedimenti del Governo così da prorogare mutui e debiti. Mosse e provvedimenti – questi – che consentirebbero alle aziende di riprendere un po’ di fiato. E di cominciare a ripensare a come organizzarsi per il futuro.

Ancor prima del Covid-19 le aziende vitivinicole della Regione alla fine dello scorso anno avevano dovuto fare i conti con lo spettro dei dazi imposti dagli Stati Uniti: “In molti per paura – spiega il presidente del Consorzio – avevano venduto, spedito e fatturato negli Usa, ma le commesse non erano ancora state pagate. E a causa di questa emergenza, con locali, ristoranti ed enoteche ferme, nella migliore delle ipotesi gli incassi subiranno dei ritardi”.